Catania. L’ex presidente della Regione Sicilia onorevole Raffaele Lombardo è stato assolto con formula ampiamente liberatoria dalla Corte d’appello di Catania dalle accuse di concorso esterno all’associazione mafiosa e corruzione elettorale. Il Collegio giudicante ha assolto Lombardo dall’accusa di concorso esterno perché il fatto non sussiste e da quella di reato elettorale aggravato dall’avere favorito la mafia per non avere commesso il fatto.
Alla lettura della sentenza l’ex leader del Mpa non era in aula, ove erano presenti i suoi difensori fiducia, avvocato Maria Licata e professore Vincenzo Maiello, che, al termine delle rispettive arringhe difensive, avevano chiesto alla Corte d’Appello di assolvere l’ex governatore Lombardo dalle due imputazioni perché il fatto non sussiste.
La Procura Generale di Catania, con i Pm Sabrina Gambino e Agata Santonocito, aveva chiesto la condanna di Raffaele Lombardo, a sette anni e quattro mesi di reclusione. Dopo avere rappresentato la pubblica accusa al processo d’appello, l’ex sostituto procuratore generale Sabrina Gambino venne nominata dal Csm procuratore della Repubblica di Siracusa, affinchè riportasse alla legalità gli uffici della Procura sconquassata dall’inchiesta “Sistema Siracusa” che aveva determinato l’arresto del Pubblico Ministero Giancarlo Longo e dei due avvocati (Piero Amara e Giuseppe Calafiore) dai quali si era fatto corrompere per una somma irrilevante, meno di centomila euro. E’ stato il procuratore Gambino ad essersi battuto per l’affermazione della penale responsabilità del Lombardo in quanto avrebbe favorito i clan mafiosi di Catania e ricevuto voti alle regionali del 2008, che risultarono determinanti per la sua elezione a presidente della Regione Sicilia.
Secondo la tesi accusatoria l’inchiesta dei Carabinieri del Ros di Catania su rapporti tra politica, imprenditori, ‘colletti bianchi’ e Cosa nostra, avrebbe dimostrato la sussistenza delle due ipotesi delittuose ovvero i presunti contatti di Raffaele Lombardo con esponenti dei clan etnei. L’ex governatore ha sempre negato gli addebiti sostenendo di avere “nuociuto alla mafia come mai nessuno prima di me”, di “non avere incontrato esponenti” delle cosche e di avere “sempre combattuto Cosa nostra”. Per questo i suoi legali, gli avvocati Maria Licata e il professore Vincenzo Maiello, hanno chiesto l’assoluzione del loro assistito “perché il fatto non sussiste”. Il procedimento ha anche trattato presunti favori elettorali del clan a Raffaele Lombardo nelle regionali del 2008, in cui fu eletto governatore, e a suo fratello Angelo, per cui si procede separatamente, per le politiche dello stesso anno. La Seconda sezione penale della Cassazione, tre anni fa, ha annullato con rinvio la sentenza emessa il 31 marzo 2017 dalla Corte d’appello di Catania che aveva assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa l’ex governatore e lo aveva condannato a due anni (pena sospesa) per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, ma senza intimidazione e violenza. Una sentenza, quella di secondo grado, che aveva riformato quella emessa il 19 febbraio 2014, col rito abbreviato, dal Gup Marina Rizza che lo aveva condannato a sei anni e otto mesi per concorso esterno all’associazione mafiosa ritenendolo, tra l’altro, “arbitro” e “moderatore” dei rapporti tra mafia, politica e imprenditoria. Nelle motivazioni la Corte d’appello di Catania, nel riformare la sentenza di primo grado, aveva rilevato che “il summit tra i vertici mafiosi e Raffaele Lombardo nel giugno del 2003 a casa” dell’ex presidente della Regione, uno dei pilastri dell’accusa, “è un fatto assolutamente privo di riscontro probatorio”. Erano stati invece dimostrati, secondo i giudici di secondo grado, “i rapporti tra Lombardo e esponenti della mafia, che avrebbero agito per agevolare la sua elezione, ma dal quale non avrebbero ricevuto alcun favore”. La Corte d’appello gli aveva contestato la corruzione elettorale con l’aggravante di avere favorito la mafia, che non usa violenza né intimidisce, ma compra i voti con soldi, buoni spesa e favori. Una decisione non condivisa dalla Cassazione che “in accoglimento del ricorso della Procura generale di Catania” aveva poi annullato “la sentenza con rinvio ad altra sezione” della Corte d’appello di Catania, davanti alla quale si è celebrato il nuovo processo.
(nella foto Raffaele Lombardo)