Catania. Il prossimo 20 gennaio, i giudici della Corte d’Assise di Appello di Catania (presidente, Rosario Cuteri; a latere, Stefania Scarlata) decideranno la sorte giudiziaria dei fratelli Christian e Roberto De Simone e del loro amico-complice Davide Greco. La Corte dovrà pronunciarsi sulla richiesta di condanna al carcere a vita avanzata lo scorso 4 gennaio dai Pubblici Ministeri Tommaso Pagano e Gaetano Bono, a conclusione della requisitoria. Oppure se accogliere le richieste dei difensori dei tre imputati, avvocati Puccio Forestiere e Sebastiano Troia per i fratelli De Simone e avvocato Antonio Zizzi per Davide Greco, tese ad ottenere per il reo confesso Christian De Simone, la provocazione, la legittima difesa putativa, l’eccesso colposo in legittima difesa, e per gli altri due imputati l’assoluzione per non avere commesso il fatto (l’omicidio di Alessio Boscarino).
Ha destato non poca sorpresa la richiesta di condanna all’ergastolo avanzata dai Pubblici Ministeri Tommaso Pagano e Gaetano Bono nei confronti dei tre giovani di Priolo Gargallo per non avere preso in alcuna considerazione la dichiarazione del pentito Sebastiano Sardo, ex trafficante di droga del clan Cappello di Catania, successivamente divenuto collaboratore di giustizia. Sebastiano Sardo ha riferito ai magistrati della Dda di Catania la confessione fatta in sua presenza da Christian De Simone, uno o due giorni dopo avere ucciso Alessio Boscarino. Il pentito, sentito dalla Corte d’Assise di Appello di Catania, ha sostenuto che Christian De Simone gli raccontò, tra le lacrime, di avere ammazzato Alessio Boscarino e scagionato il proprio fratello Roberto e l’amico Davide Greco, sostenendo che questi due avevano cercato in tutti i modi di dissuaderlo dal compiere l’omicidio per non rovinarsi tutta la vita qualora avesse ucciso Alessio Boscarino. Lo stesso collaborante ha pure raccontato che qualche tempo prima aveva inviato a Priolo due suoi emissari con l’incarico di fare il possibile e l’impossibile per persuadere Alessio Boscarino a non attuare le sue minacce di morte rivolte al De Simone. I due “ambasciatori”, incontrando il Boscarino nell’abitazione di un suo zio, ex contrabbandiere conosciuto anche dai catanesi, furono cacciati di malo modo dal rivale di Christian De Simone e apertamente invitati di non intromettersi nella questione tra lui e il De Simone. Da quel momento Sebastiano Sardo si astenne dall’effettuare degli ulteriori tentativi per fare riappacificare i due giovani di Priolo Gargallo. Soltanto qualche tempo dopo, ricevendo la visita di Christian De Simone, seppe che quest’ultimo aveva ucciso il suo antagonista.
Le dichiarazioni del pentito Sardo sono state confermate integralmente da Christian De Simone che, collegandosi in videoconferenza dal carcere dell’Ucciardone di Palermo, dove si trova ristretto, con l’aula del Palazzo di giustizia di Catania dove si svolge il processo di secondo grado nei suoi confronti, del proprio fratello Roberto e del loro fraterno amico Davide Greco, ha reso ampia e circostanziata confessione sull’omicidio di Alessio Boscarino sostenendo di averlo commesso in un momento d’ira in quanto il suo antagonista quella sera del 4 dicembre 2016 aveva fatto irruzione nella sua casa e aveva minacciato la propria moglie e la moglie di Roberto De Simone, dicendo a entrambe che avrebbe atteso in piazza Christian De Simone per ammazzarlo. Christian De Simone ha pure sostenuto che il suo antagonista, prima di fare irruzione nella sua abitazione e di terrorizzare la propria moglie e la cognata, con una spranga di ferro gli aveva fracassato la macchina. E dopo aver confessato l’omicidio Christian De Simone ha indicato il posto in cui aveva nascosto la pistola calibro 9 da lui usata la sera del 4 dicembre 2016 per ammazzare Alessio Boscarino, pistola poi rinvenuta tra i cespugli di una dismessa stazione di rifornimento di carburanti nella zona industriale di Priolo.
Ha pure sorpreso la richiesta di condanna all’ergastolo avanzata dai due Pubblici Ministeri anche nei confronti di Roberto De Simone e Davide Greco. Al processo di primo grado, celebratosi innanzi alla Corte d’Assise di Siracusa (presidente, Tiziana Carrubba; a latere, Livia Rollo) i Pubblici Ministeri Tommaso Pagano e Gaetano Bono avevano chiesto la condanna all’ergastolo soltanto per Christian De Simone, mentre per suo fratello Roberto e per Davide Greco avevano auspicato la condanna alla pena di 30 anni di reclusione ciascuno per concorso morale nell’omicidio di Alessio Boscarino. La Corte d’Assise di Siracusa non condivise la divisione dei ruoli e condannò al carcere a vita tutt’e tre gli imputati, come partecipanti attivi all’agguato mortale ai danni di Alessio Boscarino.
L’omicidio di Alessio Boscarino fu commesso la sera del 4 dicembre 2016 con una pistola calibro 9. Christian De Simone, a seguito delle dichiarazioni rese dall’ex trafficante di droga Sebastiano Sardo, ha finalmente confessato di avere ucciso il Boscarino e di avere poi gettato tra i rovi di un dismesso distributore di benzina la pistola calibro 9 con la quale aveva crivellato di piombo l’antagonista.
Confessando finalmente il delitto Christian De Simone ha escluso dall’aver partecipato all’omicidio di Alessio Boscarino il proprio fratello Roberto e il loro amico Davide Greco. Per i Pubblici Ministeri Pagano e Bono la dichiarazione confessoria resa da Christian De Simone non ha alcun valore processuale visto che già prima, anche quando il pentito del clan Cappello non era entrato a gambe tese nel processo per l’omicidio Boscarino, sia la pubblica accusa che la Corte d’Assise di Siracusa lo avevano individuato quale autore dell’omicidio del 25enne Alessio Boscarino. I Pubblici Ministeri hanno ritenuto utili per le sorti dei tre priolesi alla sbarra le dichiarazioni del pentito Sebastiano Sardo, tanto è vero che si sono battuti, così come avevano fatto in occasione del processo di primo grado, per l’affermazione della penale responsabilità non solo di Christian De Simone ma anche di quella di Roberto De Simone e Davide Greco.
Ovviamente il legale della parte civile signora Rosa Boscarino, mamma del giovane morto ammazzato, avvocato Domenico Mignosa si è associato alle nuove richieste dei magistrati della pubblica accusa e ha chiesto alla Corte di condannare i tre imputati al risarcimento dei danni.