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Il caso delle violenze sessuali in parrocchia commesse dall’ex arciprete Incardona ora rinchiuso nel carcere di Ragusa

CronacaIl caso delle violenze sessuali in parrocchia commesse dall’ex arciprete Incardona ora rinchiuso nel carcere di Ragusa

Augusta. Lunedì 24 gennaio 2022 è stato ristretto nel carcere di Ragusa il sacerdote 83enne Gaetano Incardona, nato a Buccheri il 13/2/1939, residente in Augusta per circa mezzo secolo, fino alla primavera del 2013, quando, essendo egli parroco della Chiesa Madre di Augusta, fu sottoposto prima agli arresti domiciliari, poi, espulso, sottoposto, cioè, alla misura interdittiva di non poter entrare nel territorio comunale. Intorno alle 7 del mattino del 28 /2/2013, i carabinieri della compagnia di Augusta si recarono nell’abitazione del sacerdote per notificargli l’ordine di custodia cautelare emesso dal giudice delle indagini preliminari, su richiesta di Antonio Nicastro, dell’ufficio del pubblico ministero, con l’accusa di molestie sessuali compiute con forza ai danni di una ragazza ventunenne. R.I., di Augusta, aggravate dal fatto che il sacerdote stava amministrando il sacramento della confessione.
Il 7 marzo 2013, Incardona, assistito dagli avvocati Puccio Piccione e Ettore Randazzo, si avvalse della facoltà di non rispondere lasciando, con il suo pur legittimo comportamento, irrisolti tutti gli interrogativi sollevati dal suo arresto compiuto dai carabinieri della Compagnia di Augusta a séguito della denuncia presentata dalla parte offesa, che aveva riferito d’ essersi recata in Chiesa Madre per confessarsi. Secondo l’accusa, Incardona, uscendo dal confessionale, si era avvicinato a lei e, quando, “giunto a non più di un metro dalla giovane, ha allungato entrambe le mani, le ha palpeggiato i seni e sùbito dopo ha tentato di abbracciarla e di baciarla”. La ragazza, rimanendo sconcertata dall’atteggiamento del sacerdote, ha fatto un passo indietro e, dopo aver vanificato i tentativi del suo molestatore, si è data a precipitosa fuga, rifugiandosi nella sua abitazione. Qui ha raccontato quanto accaduto ai propri genitori, che l’hanno accompagnata al comando della Compagnia dei Carabinieri di Augusta. per presentare la denuncia. Questa la ricostruzione dell’accusa. Il padre della ragazza ha detto a chi scrive che i carabinieri non potevano agire contro Incardona perché, fino a quel momento, le affermazioni della ragazza potevano essere equivalenti a quelle contrarie di Incardona. Quindi, i carabinieri, guidati allora dal tenente Alfano, consigliarono alla ragazza di ritornare munita di microtelecamera atta a registrare l’atteggiamento dell’accusato. La ragazza andò e tornata con le prove filmate e dopo l’esame di queste prove arrivò la richiesta del pubblico ministero, Nicastro, avallata dal Gip Michele Consiglio, di mettere Incardona agli arresti domiciliari, in considerazione dell’età avanzata.
Alla domanda rivoltagli dal Gip Michele Consiglio, se intendeva protestarsi innocente o colpevole dell’infamante reato contestagli nell’ordinanza cautelare agli arresti domiciliari, Incardona fece ricorso alla frase di circostanza: “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”.
Dopo oltre tre anni, il tribunale di Siracusa condannò Incardona a cinque anni e tre mesi di reclusione. Incardona si appellò avverso la sentenza, essendo assolutamente libero di circolare per le vie cittadine, di bere un caffè nei bar, di fermarsi nei pressi delle chiese, di cui fu anche rettore come arciprete. Era anche libero di celebrare messa, tanto che il 7 dicembre del 2016 fu invitato dall’ordinario di Siracusa, monsignor Salvatore Pappalardo, a essere fra i concelebranti, al santuario della Madonna delle Lacrime, per l’ordinazione episcopale di Giovanni Accolla, parroco in Ortigia, eletto dal papa arcivescovo di Messina-Santa Lucia del Mela-Lipari. (foto). In precedenza, già aveva suscitato scalpore la presenza del vescovo Pappalardo a Buccheri per il 50° anniversario dell’ordinazione sacerdotale dello stesso Incardona, mentre pendeva la pesante accusa su di lui. Scalpore maggiore e indignazione provocò la presenza di un condannato, seppure in primo grado, in un momento così importante e qualificante per una comunità religiosa, qual è l’ordinazione di un nuovo vescovo.
Nell’immediatezza degli arresti domiciliari, Salvatore Pappalardo aveva nominato il proprio vicario, Amenta, quale “sostituto” di Incardona in chiesa madre, la cui titolarità restava all’imputato. Dopo circa un semestre, ricevute le dimissioni dell’ex arciprete, il presule siracusano nominò parroco e arciprete il battagliero Palmiro Prisutto, parroco di Brucoli, che, com’è noto, Pappalardo ha tentato più volte di far dimettere. Nel frattempo era stato avviato il processo a Incardona, i cui difensori chiesero sin da sùbito che fosse celebrato a porte chiuse. Ciò che il tribunale concesse. Furono ascoltate due testimoni contro l’ex arciprete: la giovane che ha provocato l’arresto e un’altra, G.M., fattasi avanti dopo il clamore mediatico, che avrebbe subìto le stesse attenzioni del prete, alcuni anni prima. La difesa di Incardona fece testimoniare il cosiddetto governatore della confraternita di San Giuseppe, l’organista della chiesa madre e un fedele sodale di Incardona da quando era parroco del Sacro Cuore. Il processo ha subìto rallentamenti per il cambio dei giudici del Collegio, giudici che, oltre al filmato ripreso con la telecamera nascosta e della denuncia della ventenne, hanno tenuto conto della denuncia dell’altra donna e di quella dei genitori di un dodicenne che, nel novembre 2012, fu schiaffeggiato da Incardona perché il bambino, giocando sul sagrato della chiesa madre, disturbava le funzioni religiose. La sentenza del tribunale di Siracusa è stata confermata in Cassazione e riconfermata il 19 gennaio, dopo un altro ricorso mirante ad attenuare la condanna. Ma non c’è stato nulla da fare. I giudici dell’appello bis hanno confermato la pena inflitta all’ex arciprete di Augusta e, dopo essere stata approvata dalla Suprema Corte di Cassazione, la Procura Generale presso la Corte di Appello di Catania ha emesso l’ordine di carcerazione, poi eseguito dai Carabinieri della Compagnia di Augusta.
La condanna rientra nei casi previsti dal diritto canonico di sospensione a divinis, se non addirittura di riduzione allo stato laicale. Quale sarà la decisione del vescovo Lo Manto?
Giorgio Càsole