Milano. Al carcere di Opera era arrivato venerdì della scorsa settimana ma la fatica per il viaggio e il cambio di istituto di pena non hanno impedito al detenuto siracusano Alessio Attanasio, 51 anni, di affrontare l’ultimo esame prima della tesi di laurea che dovrà sostenere entro la fine di aprile. Dall’istituto penitenziario di Novara nel quale aveva sostenuto il penultimo esame conseguendo un buon 26 di punteggio, Attanasio appena è entrato nel carcere milanese di Opera ha chiesto alla Direzione dell’istituto di pena di poter contattare la segreteria della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Sassari per comunicare che era pronto a sostenere l’ultimo esame che avrebbe dovuto dare il venerdì della settimana pasquale. Ottenuta l’autorizzazione martedì mattina, 19 aprile, Attanasio si è collegato in diretta streaming con l’università di Sassari, in Sardegna, e ha sostenuto l’ultimo esame del corso di Giurisprudenza, superandolo con un ottimo voto. Ad Attanasio resta adesso da effettuare la tesi di laurea che deve affrontare entro il 30 aprile. A quel punto sarà dottore in Giurisprudenza, anche se non potrà mai esercitare la professione di avvocato, purtroppo per lui, a causa dei precedenti penali reati commessi da giovane, che vanno dall’associazione di stampo mafioso al traffico degli stupefacenti e le innumerevoli condanne riportate per violazione della sorveglianza speciale. Alessio Attanasio è dal 31 dicembre 2001 detenuto ininterrottamente in regime di 41 bis e nonostante siano già trascorsi 20 anni da quando venne incarcerato in una località climatica della Sila, in Calabria, il 41 bis gli è stato sistematicamente riconfermato in quanto le forze dell’ordine sostengono che continua ad essere il capo del gruppo criminale “ereditato” dall’ex suocero Salvatore Bottaro, che nel 2005 si è esploso un colpo di pistola alla testa mentre si trovava in detenzione domiciliare a causa di un tumore maligno al pancreas. Con la morte del boss Salvatore Bottaro il gruppo mafioso ha preso il nome di Attanasio, malgrado fosse già dal 2001 ristretto in carcere con il 41 bis. Nonostante sia sottoposto al divieto di avere contatti con persone estranee al suo nucleo familiare, sia sottoposto alla censura della posta sia in entrata che in uscita che deve passare al vaglio degli agenti della polizia penitenziaria per evitare che possa trasmettere ordini all’esterno, nonostante non sia mai stato trovato in possesso di missive contenenti messaggi ritenuti pericolosi per la sicurezza dell’istituto di pena in cui sta espiando le condanne oramai tutte irrevocabili, tranne quella inflittagli un mese e mezzo fa a 30 anni di reclusione per essere stato riconosciuto colpevole dell’omicidio di Giuseppe Romano, vittima incolpevole dei due killer, uno dei quali Attanasio secondo la sentenza pronunciata dal Gup del Tribunale di Catania Simona Ragazzi del Tribunale di Catania, i quali crivellarono di piombo il conducente di una Fiat 126, oltre 21 anni fa, che aveva ricevuto in prestito l’auto dall’imprenditore edile Salvatore Beretta Saporoso, vero bersaglio dell’agguato avvenuto in Via Elorina, la strada che porta alle zone balneari di Siracusa, Alessio Attanasio continua a far paura. Forze dell’ordine e magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catania lo considerano ancora elemento pericoloso. A causa delle “referenze” negative dal 2001 tutti i ministri della Giustizia hanno sempre prorogato ad Attanasio il regime del carcere duro, nonostante lui nega di essere il capo della banda di cui era leader il suo ex suocero (con la figlia del boss Bottaro l’Attanasio ha divorziato prima del suicidio dell’ex suocero) e abbia dato segnali di ravvedimento conseguendo una prima laurea in Scienza delle Comunicazioni e adesso sta per laurearsi in Giurisprudenza. Ma il prossimo 30 giugno contro Attanasio verrà pronunciata un’altra sentenza in quanto è accusato di essere stato il mandante dell’omicidio di Angelo Sparatore, avvenuto sempre nel corso del 2001, a Siracusa. A conclusione della requisitoria Il Pubblico Ministero Alessandro La Rosa, in servizio alla Procura Distrettuale Antimafia di Catania, ha chiesto la condanna di Attanasio a 30 anni di reclusione. E analoga condanna alla pena di 30 anni di reclusione ha chiesto per Luciano De Carolis, ritenuto uno degli esecutori dell’omicidio. Attanasio, difeso dall’avvocato Maria Teresa Pintus, e De Carolis, difeso dall’avvocato Sebastiano Troia, respingono gli addebiti sostenendo che le accuse provengono da ex appartenenti del clan mafioso Bottaro oggi collaboratori di giustizia, uno dei quali, Salvatore Lombardo, detto Pullisinu, reo confesso di essere stato l’autore dell’omicidio di Angelo Sparatore, assassinato perché fratello del pentito Concetto Salvo Sparatore il quale rifiutò l’offerta di denaro (a quanto pare 110 mila euro) del clan Bottaro per ritrattare le accuse mosse contro i suoi vecchi compagni della banda mafiosa. L’ex componente del clan Bottaro e oggi collaboratore di giustizia Salvatore Lombardo, nel mese di settembre del 2021 è stato processato con rito abbreviato dal Gup del Tribunale di Catania per l’omicidio di Angelo Sparatore ed è stato condannato alla pena di 14 anni e sei mesi di reclusione.
Se il Gup Carla Valenti dovesse infliggere ad Attanasio la pena richiesta dalla pubblica accusa per lui le probabilità di uscire dal carcere si ridurrebbero a zero, visto che la legge prevede che due condanne a 30 anni o una a 30 anni e la seconda superiore a 24 anni di reclusione verrebbero commutate in ergastolo.
Alessio Attanasio sta aspettando il deposito della sentenza motivata per la condanna a 30 anni di reclusione inflittagli quale presunto autore dell’omicidio di Giuseppe Romano, per poterla impugnare e sperare che vengano accolte dalla Corte d’Assise di Appello di Catania le due richieste avanzate dai suo difensore, avvocato Licinio La Terra Albanelli, e rigettate dal Gup Simona Ragazzi. Il difensore e l’imputato avevano chiesto una perizia balistica e l’acquisizione dell’attestato di idoneità fisica e della vista rilasciato dal medico che aveva visitato Giuseppe Romano per conseguire la patente di guida. In quell’attestato medico – sostengono Alessio Attanasio e il suo difensore, avvocato Licinio La Terra Albanelli – è riportata l’altezza del Romano e tale circostanza dimostrerebbe che i killer non avrebbero sparato contro il conducente della Fiat 126 mentre erano alla guida di due moto Enduro, bensì viaggiavano a bordo di due autovetture. Strettamente collegata all’altezza del morto ammazzato sarebbe la perizia balistica in quanto se fosse stata compiuta avrebbe stabilito quale era la posizione dei due killer nel momento in cui affiancarono l’auto condotta da Giuseppe Romano.
Intanto il boss, dottore in Scienza delle Comunicazioni, è concentrato nel preparare la tesi di laurea in Giurisprudenza. Poi una volta laureatosi, Alessio Attanasio dedicherà tutte le sue energie contro le due accuse di omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso ai danni dell’incolpevole Giuseppe Romano. Per l’agguato ad Angelo Sparatore la sentenza sarà pronunciata il 30 giugno prossimo e lui si augura che il Gup Valenti rigetti la richiesta di condanna a 30 anni e accolga la tesi difensiva sostenuta dall’avvocato Maria Teresa Pintus.
(nella foto il boss dottore Alessio Attanasio)