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Con l’audizione dello scampato alle fucilate dei guardiani killer la Corte dichiara chiuso il dibattimento e fissa per il 4 maggio la requisitoria

CronacaCon l’audizione dello scampato alle fucilate dei guardiani killer la Corte dichiara chiuso il dibattimento e fissa per il 4 maggio la requisitoria

Siracusa. Dimesso dal Policlinico Vittorio Emanuele di Catania dove era stato ricoverato per accertamenti Gregorio Signorello, scampato alla morte nonostante fosse stato ferito dalle due fucilate esplose contro di lui dai guardiani-killer Giuseppe Sallemi, 43 anni e Luciano Giammellaro, 73 anni, entrambi alla sbarra innanzi ai giudici della Corte d’Assise (presidente, Tiziana Carrubba; a latere, Carla Frau) per difendersi dalle accuse di duplice omicidio volontario aggravato ai danni di Agatino Vincenzo Saraniti e Massimiliano Casella, di tentato omicidio di Gregorio Signorelli e di occultamento di cadaveri, si è presentato questa mattina, martedì 26 aprile, nell’aula della Corte d’Assise per essere esaminato dall’avvocato Franco Passanisi, difensore del Sallemi.
Il penalista del Foro di Catania gli ha posto soltanto una domanda e precisamente di dire alla Corte d’Assise se la sera del 9 febbraio di due anni fa, nella piana di Lentini, oltre a lui e ai due morti ammazzati ci fossero altre persone. Gregorio Signorelli ha risposto dicendo “avvocato c’eravamo soltanto noi tre”, intendendo così puntualizzare che nel giardino di agrumi di contrada Xirumi ci sono andati lui e i suoi amici Agatino Vincenzo Saraniti e Massimiliano Casella per rubare arance e mandarini di averne raccolti 200 chili a testa prima di essere stoppati dall’imputato Giuseppe Sallemi.
Conclusa la breve audizione di Gregorio Signorelli, la Corte d’Assise ha dichiarato l’istruttoria dibattimentale e ha rinviato il processo all’udienza del 4 maggio prossimo per la requisitoria. Toccherà al Pubblico Ministero Andrea Palmieri illustrarla e presentare il conto ai due guardiani killer alla sbarra.
Non è dato sapere se all’udienza del 4 maggio parlerà soltanto il Pubblico Ministero Andrea Palmieri o se, dopo di lui, prenderanno la parola alcuni dei difensori delle parti civili.
Contro i due guardiani killer si sono costituiti parte civile Mario Casella, fratello di Massimiliano Casella, assistito dall’avvocato Pierpaolo Montalto; Loredana Casella, sorella di Massimiliano Casella, assistita dall’avvocato Fabio Presenti; Carmela Salvatrice Zuccaro, sorella di Vincenzo Agatino Saraniti, assistita dall’avvocato Rossana Scibetta; Giuseppe Agatino Zuccaro, assistito dall’avvocato Emiliano Bordone, nonché il sopravvissuto Gregorio Signorelli.
I tragici fatti di contrada Xirumi, in territorio di Lentini, si sono verificati nel corso della sera del 9 febbraio di due anni fa, i guardiani campestri Giuseppe Sallemi e Luciano Giammellaro crivellarono di pallini di piombo Agatino Vincenzo Saraniti e Massimiliano Casella e tentarono di uccidere pure Gregorio Signorelli, rei di avere rubato 600 chili di agrumi dal fondo agricolo sito in contrada Xirumi, in territorio di Lentini, dove i due imputati lavoravano come guardiani del giardino di agrumi di proprietà del barone Rudolf Frehier Von Freyberg.
La tragica notte è stata raccontata con raccapriccianti dettagli dal sopravvissuto Gregorio Signorello nel corso dell’incidente probatorio svoltosi davanti al Giudice delle indagini preliminari Andrea Migneco.
Il sopravvissuto della strage ha raccontato che il 9 febbraio del 2020, lui, Casella e Saraniti, a bordo del suo furgone, sono partiti alla volta di Gela per svoltare poi verso Scordia e dirigersi quindi nella piana di Lentini in cui sorgono tutti i giardini di arance. Hanno fatto benzina sulla tangenziale all’uscita di Catania e hanno raggiunto la zona degli agrumeti con l’intento di raccogliere duecento chili di arance a testa. Dopo aver individuato il fondo agricolo il furgone ha varcato e superato un cancello ed i tre occupanti sono scesi a terra e hanno iniziato a raccogliere dagli alberi le arance. In breve ogni ladro ha raccolto duecento chili di arance che hanno riposto dentro il furgone. Completata l’operazione di carico, Gregorio Signorelli, Massimiliano Nunzio Casella e Vincenzo Agatino Saraniti hanno preso posto sul furgone, un Fiat Doblo, per fare ritorno a Catania. Poco dopo la partenza il Signorelli si è accorto della presenza di un Suv che stava inseguendo il furgone. Lui ha accelerato ed altrettanto ha fatto il conducente del Suv, riconosciuto nel guardiano Giuseppe Sallemi. Era abbastanza evidente che le due persone a bordo del fuoristrada stavano inseguendo i ladri di arance. L’intenzione di Gregorio Signorelli era quella di non fermarsi ma durante l’inseguimento il furgone si è imbattuto in un dosso per cui ha avuto un sobbalzo in seguito al quale, planando sul terreno, ha battuto violentemente sulla terra con devastanti conseguenze per la marmitta del veicolo. Nonostante si fosse rotta la marmitta, Gregorio Signorelli ha proseguito la propria corsa e ha fermato il furgone nei pressi di una sbarra. Lui i suoi due compagni avevano, infatti, deciso di aspettare il fuoristrada degli inseguitori per sistemare la faccenda amichevolmente. Signorelli, Casella e Saraniti sono scesi a terra e pochi istanti dopo è sopraggiunto il fuoristrada guidato da Giuseppe Sallemi. Il guardiano è sceso dal veicolo tenendo in una mano un fucile, puntando la canna verso il Signorelli. “Il mio amico Massimo conosceva Giuseppe e anche la persona che si accompagnava con lui, tale Luciano. Ricordo che, mentre il Giuseppe mi puntava il fucile contro, il mio amico Massimo si è rivolto a Luciano chiedendogli: devi dire a Giuseppe di mettere via il fucile. Subito dopo, Massimo si è fatto riconoscere dal Giuseppe chiedendogli disperatamente di abbassare il fucile. Giuseppe ha risposto: “m’a unchiata a’ minchia. Nun m’anteressa”. E finita la frase ha fatto fuoco con il fucile da una distanza di cinque-sei metri verso di me. Non ho potuto evitare di essere colpito e, nonostante il forte dolore, ho cominciato a correre verso la sbarra, E, quando mi sono fermato ho potuto vedere il Luciano che inseguiva il giovane Agatino che gli gridava: “Ma ziu ma perché mi vuoi ammazzare?”. Io, intanto, piano piano, sono riuscito a scavalcare un muretto e a defilarmi, allontanandomi dalla zona. Dal ciglio della strada ho visto Giuseppe che dopo avermi sparato ha sparato contro Massimo, prendendolo alla schiena. E ho visto Luciano che ha sparato alle spalle ad Agatino, da una distanza di circa cinque o sei metri. E mentre Luciano sparava al mio giovane amico, è sopraggiunta una Alfa 147 di colore grigio. Il conducente era il figlio di Luciano. Il giovane, sentendo i colpi di fucile, ha fatto inversione di marcia ed è scappato il più lontano possibile. Giuseppe, forse convintosi di avermi ucciso, ha smesso di inseguirmi. E finalmente, non sentendo il fiato degli inseguitori sul mio collo, ho avuto la possibilità di telefonare a mia moglie dicendole che ero stato ferito in quanto mi avevano sparato e di darmi aiuto”.

(nella foto da sx Luciano Giammellaro e Giuseppe Sallemi)