Catania. Al processo di secondo grado contro i diciotto lentinesi coinvolti nell’operazione denominata “Uragano”, che si svolge innanzi ai giudici della Prima Sezione Penale della Corte d’Appello, ha illustrato la propria requisitoria il sostituto procuratore generale Andrea Ursino il quale, prima di presentare il suo conto agli imputati, ha rinunciato all’appello che aveva proposto contro la sentenza di assoluzione pronunciata dai Tribunale di Siracusa nei confronti degli imputati Sebastiano Raiti e Alfio Calabrò, limitatamente all’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Inoltre, il rappresentante della pubblica accusa ha auspicato un piccolo sconto di pena per Miriam Coco sollecitando per quest’ultima la pena di quattro anni e 6 mesi di reclusione. Per tutti gli altri imputati il Pubblico Ministero Ursino ha chiesto la conferma della sentenza del processo di primo grado.
Dal Tribunale aretuseo, composto dalla presidente Giuseppina Storaci; a latere, Antonio Dami e Alfredo Spitaleri, sono stati inflitti otto anni di reclusione a Maurizio Sambasile per il quale il Pubblico Ministero aveva chiesto la pena di quindici anni di reclusione; sei anni di reclusione a Filadelfo Amarindo nei confronti del quale il magistrato della Dda di Catania aveva chiesto la condanna a nove anni di reclusione; nove anni di carcere sono stati inflitti a Salvatore Palermo per il quale erano stati chiesti tredici anni di reclusione; otto anni di reclusione a Vincenzo Sanzaro per il quale il rappresentante della pubblica accusa aveva chiesto la condanna a tredici anni di reclusione; sei anni e otto mesi ad Antonino Corso per il quale la pubblica accusa aveva chiesto otto anni di reclusione; sei anni e otto mesi di reclusione a Francesco Rubino per il quale il Pubblico Ministero La Rosa aveva chiesto la condanna alla pena di cinque anni e sei mesi di reclusione; sette anni e sei mesi di reclusione ad Andrea Libertino per il quale il rappresentante della pubblica accusa aveva chiesto la condanna a cinque anni e sei mesi di reclusione; sei anni e otto mesi di reclusione a Salvatore Amato per il quale il Pubblico Ministero La Rosa aveva chiesto la condanna alla pena di undici anni di reclusione; otto anni e tre mesi di reclusione a Salvatore Buremi per il quale la pubblica accusa aveva chiesto la condanna a diciotto anni di reclusione; otto anni di reclusione a Giuseppe Infuso contro il quale il Pubblico Ministero aveva sollecitato la condanna alla pena di tredici anni di reclusione; otto anni di reclusione a Concetto Scrofani nei cui confronti il Pubblico Ministero La Rosa aveva chiesto la condanna a sei anni di reclusione; cinque anni e quattro mesi di reclusione a Miriam Coco per la quale la Procura distrettuale antimafia aveva chiesto la condanna alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione; due anni e sei mesi di reclusione a Giuseppe Castro nei cui confronti era stata chiesta la condanna a due anni e otto mesi di reclusione; tre anni e sei mesi di reclusione a Giuseppe Romano per il quale il Pubblico Ministero La Rosa aveva chiesto la condanna a tre anni di reclusione; due mesi di arresto ad Andrea Catania per il quale la Dda di Catania aveva chiesto la condanna a un anno e otto mesi di reclusione. Ed infine, come si diceva prima, ha assolto Francesco Siracusano per il quale il Pubblico Ministero La Rosa aveva chiesto sei anni di reclusione.
Alfio Calabrò è stato assolto dal reato di associazione a delinquere di stampo mafioso ma è stato riconosciuto colpevole dei reati di tentata estorsione e incendio doloso ed è stato condannato alla pena di anni cinque di reclusione mentre il Pubblico Ministero Alessandro La Rosa aveva auspicato la condanna alla pena di 14 anni di reclusione. Il Calabrò è difeso dall’avvocato Sebastiano Sferrazzo.
A sua volta Sebastiano Raiti, difeso dall’avvocato Fabio D’Amico, è uscito definitivamente dal processo scaturito dall’operazione “Uragano” a seguito della rinuncia del sostituto procuratore generale Andrea Ursino di portare avanti l’appello contro la sua assoluzione dal reato di associazione mafiosa. A Raiti si contestava soltanto il reato di cui all’articolo 416 bis ma, come avevano già deciso i giudici della Suprema Corte di Cassazione, il lentinese è stato assolto con formula piena anche dal Tribunale di Siracusa.
Infine, Francesco Siracusano, difeso dall’avvocato Rosario Frigillito, dai giudici del Tribunale aretuseo venne assolto dall’unico imputato di cui era accusato, nonostante il Pubblico Ministero La Rosa avesse chiesto la condanna a sei anni di reclusione, non si è visto impugnare l’assoluzione per cui è la sentenza è da tempo passata in giudicato.
Il processo è stato quindi rinviato all’udienza del 25 maggio per le arringhe dei difensori degli imputati. Impegnati nel processo di secondo grado ci sono gli avvocati Vito Brunetto, Junio Celesti, Michele Lazzara, Antonio Failla, Fabio D’Amico, Sebastiano Sferrazzo, Francesco Calderone, Nicola Aiello, Giuseppe Fisicaro, Carmelo Giunta. Causa l’assoluzione dal reato di associazione mafiosa e per l’esclusione dell’aggravante del metodo mafioso non ci sono parti civili nel processo di appello contro i lentinesi. In primo grado si erano costituiti parte civile Il Comune di Lentini e tutte le associazioni antiracket, tra cui la Fai, ma, per l’assoluzione di Raiti e Calabrò dall’associazione mafiosa, non hanno ottenuto nemmeno un euro a titolo di risarcimento danni.
Gravissimi sono i reati contestati dal Commissariato della Polizia di Stato di Lentini e dalla Procura Distrettuale agli imputati processati con rito ordinario, ipotesi delittuose che vanno dalla rapina tipo “arancia meccanica” all’estorsione con il metodo del cavallino di ritorno, al furto con scasso all’incendio doloso. E precisamente l’accusa di incendio doloso commesso ai danni dei fratelli Ferrante, avvenuto il 25 febbraio 2017 e di tentata estorsione, viene contestata a Francesco Pappalardo, Alfio Calabrò, Andrea Libertini e Antonino Corso. Inoltre di furto aggravato sono accusati Francesco Pappalardo, Salvatore Buremi e Giuseppe Romano: nella notte tra il 4 e il 5 febbraio 2017, dopo aver forzato la porta d’ingresso, fecero irruzione nei locali della ditta Bastone-Caschetto e si sono appropriati di utensili da lavoro per realizzare infissi in alluminio. Francesco Pappalardo, Maurizio Sambasile e i fratelli Sebastiano e Salvatore Buremi sono accusati di tentata estorsione ai danni degli imprenditori Bastone-Caschetto avendo tentato di sottoporli alla pratica del “cavallino di ritorno”, chiedendo la somma di 1300 euro per restituire la refurtiva. Il tentativo di estorsione è avvenuto giorno 8 febbraio del 2017; Salvatore Amato è accusato di furto aggravato di uno Scarabeo rubato a Vittorio Sgalambro il 27 ottobre 2010, con richiesta di cavallino di ritorno per restituirglielo. Sebastiano Buremi, Concetto Scrofani, Vincenzo Sanzaro, MIriam Coco e Francesco Siracusano sono accusati di rapina aggravata dell’articolo 7 per essersi introdotti nell’abitazione di Giuseppa Giacobello, costringendo la vittima a consegnare loro gioielli e denaro. Il grave episodio è avvenuto il 26 febbraio 2017. Francesco Pappalardo, Antonino Corso e Francesco Rubino, si vedono contestare il reato di tentata estorsione ai danni della ditta Redcop in quanto avrebbero fatto minacciose pressioni nei confronti del titolare affinchè assumesse delle persone che stavano a cuore dei tre imputati. Questa tentata estorsione è stata accertata il 9 novembre dell’anno 2017; Sebastiano Buremi, Francesco Pappalardo, Vincenzo Sanzaro e Giuseppe Infuso sono accusati di rapina aggravata in danno di Antonio Faraci: fatta irruzione nella sua abitazione lo minacciavano con un coltello e si facevano consegnare una discreta somma di denaro. La rapina è stata commessa il 16 febbraio 2017. Francesco Pappalardo, Salvatore Buremi, Sebastiano Buremi, Maurizio Sambasile, Filadelfo Amarindo debbono rispondere di estorsione con cavallino di ritorno: dopo aver rubato una Fiat Panda a Selene Vinci avevano chiesto 600 euro per restituirgliela. Questo episodio si è verificato l’8 febbraio 2017. A Francesco Pappalardo, ai fratelli Buremi, e a Vincenzo Sanzaro è contestato il furto di una Fiat di proprietà di una donna, avvenuto il 15 febbraio 2017; oltre al reato di furto, sono chiamati a rispondere di estorsione ai danni di Graziella Stuto cui volevano restituire l’auto dopo avergliela rubata l’8 maggio del 2017. A Salvatore Palermo, infine, viene contestato il reato di tentata estorsione ai danni di un giostraio.