Siracusa. Dopo oltre due ore di camera di consiglio i giudici della Corte d’Assise (presidente, Tiziana Carrubba; a latere, Carla Frau) ha pronunciato la sentenza contro i due guardiani campestri killer. Giuseppe Sallemi, 43 anni e Luciano Giammellaro, 73 anni, sono stati condannati alla pena dell’ergastolo e soltanto il primo anche alla pena accessoria dell’isolamento diurno per la durata di un anno e sei mesi. Il Sallemi è stato riconosciuto colpevole del duplice omicidio ai danni di Agatino Vincenzo Saraniti e di Massimiliano Casella, nonché del tentato omicidio di Gregorio Signorelli e di occultamento di cadavere. Invece, Luciano Giammellaro è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio di Massimiliano Casella ed è stato assolto dall’omicidio di Vincenzo Agatino Saraniti e del tentato omicidio di Gregorio Signorelli. I due imputati sono stati condannati al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede e al pagamento di una provvisionale in favore delle parti civili costituitesi in giudizio. La Corte ha stabilito che Giuseppe Sallemi e Luciano Giammellaro dovranno pagare le seguenti provvisionali: 80.000,00 euro in favore di Gregorio Signorelli; 50.000,00 per Grazia Alì; 30.000,00 euro per Marco Casella, 30.000,00 euro per Loredana Casella; 30.000,00 euro per Mario Casella, 30.000,00 per Emilia Casella, 20.000,00 euro per Domenico Vinciguerra, 80.000,00 euro per Debora Labattaglia, 80.000,00 euro per Lorenzo Casella.
Il solo Sallemi, inoltre, deve corrispondere una provvisionale di 80.000,00 euro per Patrizia Di Pietro, in proprio e nella qualità di madre dei figli minori; 30.000,00 euro per Carmela Salvatrice Zuccaro, 30.000,00 euro per Giuseppe Agatino Zuccaro, 30.000,00 euro per Salvatore Angelo Saraniti e 110.000,00 euro in favore di Morena Grazia Scuderi, in proprio e nella qualità di madre dei figli minori.
La Corte ha rigettato la richiesta delle Difese delle parti civili di fare pagare i danni al barone Rudolf Frehier Von Freyberg, citato come responsabile civile in quanto datore di lavoro dei due guardiani campestri.
I due imputati sono stati, altresì, condannati a rifondere le spese legali sostenute dalle parti civili per farsi assistere dai rispettivi difensori di fiducia.
La Corte ha fissato nel termine di novanta giorni il deposito della motivazione della sentenza.
Nella mattinata hanno parlato i difensori dei due imputati. Per Giuseppe Sallemi le arringhe difensive sono state illustrate dagli avvocati Paola Valenti e Franco Passanisi i quali hanno chiesto alla Corte d’Assise di concedere le attenuanti generiche e di escludere le due aggravanti contestate al loro cliente o in subordine di dichiarare equivalenti le attenuanti generiche rispetto alle circostanze aggravanti in modo che la pena non possa superare il tetto dei 30 anni di reclusione. Per Luciano Giammellaro ha parlato l’avvocato Cristiano che ha chiesto l’assoluzione per non avere commesso i fatti o in subordine per insufficienza di prove del suo cliente.
Alla fine degli interventi difensivi hanno chiesto di replicare sia il Pubblico Ministero Andrea Palmieri che l’avvocato Fabio Presente i quali hanno chiesto il rigetto delle istanze difensive. Poi la Corte d’Assise, intorno alle 16,45, ha lasciato l’aula e si è ritirata in camera di consiglio da dove è uscita alle 19,25 per leggere il dispositivo di sentenza.
Alle scorse udienze avevano parlato il Pubblico Ministero Andrea Palmieri che aveva chiesto l’ergastolo per entrambi gli imputate e l’isolamento diurno soltanto per Giuseppe Sallemi. Dopo il rappresentante della pubblica accusa hanno parlato i difensori delle parti civili.
Contro i due guardiani killer si sono costituiti parte civile Mario Casella, fratello di Massimiliano Casella, assistito dall’avvocato Pierpaolo Montalto; Loredana Casella, sorella di Massimiliano Casella, assistita dall’avvocato Fabio Presenti; Carmela Salvatrice Zuccaro, sorella di Vincenzo Agatino Saraniti, assistita dall’avvocato Rossana Scibetta; Giuseppe Agatino Zuccaro, assistito dall’avvocato Emiliano Bordone, nonché il sopravvissuto Gregorio Signorelli.
Con la lettura del dispositivo di sentenza cala il sipario su un processo che vedeva alla sbarra due guardiani campestri che nella tarda serata del 9 febbraio di due anni fa avevano ucciso a sangue freddo due ladri di agrumi e ferito a colpi di fucile Gregorio Signorelli, scampato alla morte sia per l’oscurità che regnava in contrada Xirumi, territorio di Lentini, sia per la sua abilità di nascondersi dietro un muretto di cinta e di essere rimasto immobile per svariati minuti al fine di evitare che i due killer individuassero il posto ove era rannicchiato.
I guardiani campestri Giuseppe Sallemi e Luciano Giammellaro, senza alcuna pietà nei confronti dei tre ladri di agrumi li crivellarono di pallini di piombo per avere rubato 600 chili di agrumi dal fondo agricolo di proprietà del barone Rudolf Frehier Von Freyberg.
La tragica notte è stata raccontata con raccapriccianti dettagli dal sopravvissuto Gregorio Signorello nel corso dell’incidente probatorio svoltosi davanti al Giudice delle indagini preliminari Andrea Migneco.
Il sopravvissuto della strage ha raccontato che il 9 febbraio del 2020, lui, Casella e Saraniti, a bordo del suo furgone, sono partiti alla volta di Gela per svoltare poi verso Scordia e dirigersi quindi nella piana di Lentini in cui sorgono tutti i giardini di arance. Hanno fatto benzina sulla tangenziale all’uscita di Catania e hanno raggiunto la zona degli agrumeti con l’intento di raccogliere duecento chili di arance a testa. Dopo aver individuato il fondo agricolo il furgone ha varcato e superato un cancello ed i tre occupanti sono scesi a terra e hanno iniziato a raccogliere dagli alberi le arance. In breve ogni ladro ha raccolto duecento chili di arance che hanno riposto dentro il furgone. Completata l’operazione di carico, Gregorio Signorelli, Massimiliano Nunzio Casella e Vincenzo Agatino Saraniti hanno preso posto sul furgone, un Fiat Doblo, per fare ritorno a Catania. Poco dopo la partenza il Signorelli si è accorto della presenza di un Suv che stava inseguendo il furgone. Lui ha accelerato ed altrettanto ha fatto il conducente del Suv, riconosciuto nel guardiano Giuseppe Sallemi. Era abbastanza evidente che le due persone a bordo del fuoristrada stavano inseguendo i ladri di arance. L’intenzione di Gregorio Signorelli era quella di non fermarsi ma durante l’inseguimento il furgone si è imbattuto in un dosso per cui ha avuto un sobbalzo in seguito al quale, planando sul terreno, ha battuto violentemente sulla terra con devastanti conseguenze per la marmitta del veicolo. Nonostante si fosse rotta la marmitta, Gregorio Signorelli ha proseguito la propria corsa e ha fermato il furgone nei pressi di una sbarra. Lui i suoi due compagni avevano, infatti, deciso di aspettare il fuoristrada degli inseguitori per sistemare la faccenda amichevolmente. Signorelli, Casella e Saraniti sono scesi a terra e pochi istanti dopo è sopraggiunto il fuoristrada guidato da Giuseppe Sallemi. Il guardiano è sceso dal veicolo tenendo in una mano un fucile, puntando la canna verso il Signorelli. “Il mio amico Massimo conosceva Giuseppe e anche la persona che si accompagnava con lui, tale Luciano. Ricordo che, mentre il Giuseppe mi puntava il fucile contro, il mio amico Massimo si è rivolto a Luciano chiedendogli: devi dire a Giuseppe di mettere via il fucile. Subito dopo, Massimo si è fatto riconoscere dal Giuseppe chiedendogli disperatamente di abbassare il fucile. Giuseppe ha risposto: “m’a unchiata a’ minchia. Nun m’anteressa”. E finita la frase ha fatto fuoco con il fucile da una distanza di cinque-sei metri verso di me. Non ho potuto evitare di essere colpito e, nonostante il forte dolore, ho cominciato a correre verso la sbarra, E, quando mi sono fermato ho potuto vedere il Luciano che inseguiva il giovane Agatino che gli gridava: “Ma ziu ma perché mi vuoi ammazzare?”. Io, intanto, piano piano, sono riuscito a scavalcare un muretto e a defilarmi, allontanandomi dalla zona. Dal ciglio della strada ho visto Giuseppe che dopo avermi sparato ha sparato contro Massimo, prendendolo alla schiena. E ho visto Luciano che ha sparato alle spalle ad Agatino, da una distanza di circa cinque o sei metri. E mentre Luciano sparava al mio giovane amico, è sopraggiunta una Alfa 147 di colore grigio. Il conducente era il figlio di Luciano. Il giovane, sentendo i colpi di fucile, ha fatto inversione di marcia ed è scappato il più lontano possibile. Giuseppe, forse convintosi di avermi ucciso, ha smesso di inseguirmi. E finalmente, non sentendo il fiato degli inseguitori sul mio collo, ho avuto la possibilità di telefonare a mia moglie dicendole che ero stato ferito in quanto mi avevano sparato e di darmi aiuto”.
(nella foto da sx Luciano Giammellaro e Giuseppe Sallemi)