Augusta. La commedia degli equivoci è un genere teatrale che affonda le radici nell’antica tradizione romana, quella plautina per essere più precisi. Plauto, il più prolifico e brillante commediografo romano, sapeva far ridere il suo pubblico, non solo mettendo in scena situazioni equivoche, ma anche con battute dai doppi sensi, quelle di carattere sessuale per intenderci. Situazioni equivoche e battute equivoche non mancano nella commedia dell’augustano Attilio Piazza “Furto con… chiasso,” già messa in scena per tre sere consecutive nell’aula magna della Cittadella degli studi, a cura di “Officina teatrale”, fondata, presieduta e diretta dallo stesso Piazza, che, in quest’occasione non ha avuto parte in scena. Al levar del sipario, l’allegra musichetta della Pantera Rosa (la celebre saga cinematografica con uno strepitoso Peter Sellers) accompagna i felpati movimenti furtivi di un personaggio, in rigorosa tuta nera da ladro cinematografico, che s’aggira, con una torcia elettrica, per razziare la maggiore refurtiva possibile, nella casa di un assessore municipale che è anche avvocato, quando, a un tratto squilla il telefono, che rompe il silenzio serale. Il ladro è preso dal panico, ma, infine alza la cornetta. Chi c’è all’altro capo del filo? C’è la sua stessa propria moglie, sicula verace, che appare sula scena, ma in un quadro da interno domestico, da lavanderia casalinga. Il dialogo fra i due invoglia gli spettatori al sorriso, anche per le movenze giullaresche del ladro, un ladro, potremmo dire, che, paradossalmente, svolge il suo lavoro in modo onesto, tant’è che ha già pagato con la prigione, conscio che può finire nuovamente in gattabuia, ma lui è un ladro che sa il fatto suo. Sa che i padroni di casa sono fuori e può agire indisturbato e si diverte a far man bassa dell’argenteria, quando sente che qualcuno sta per aprire la porta dell’appartamento. Egli si nasconde dietro un quadro del salotto e nella scena fa irruzione una coppia di amanti: l’uomo è, addirittura, il padrone di casa. E ne succedono delle belle! Che succede? Siamo di fronte a una commedia di satira politica? E’ possibile che Attilio Piazza voglia mettere alla berlina vizi privati e pubbliche virtù di personaggi della vita politica locale? Potrebbe essere, anche perché nel pieghevole distribuito all’ingresso, lo stesso Piazza, nella nota di regìa, scrive che i “dialoghi rendono perfettamente l’immagine di un paese bigotto e conservatore, che però salva le speranze e offre spunti di riflessione su una società corrotta e viziosa”. Qualche spruzzo satirico, in effetti, c’è, ma il lavoro ci è parso una divertente pochade in salsa siculo-augustana, dove gli interpreti si sono essi stessi divertiti, grazie anche agli accorgimenti registici, come quello di un dialogo ripetuto al rallentatore, sia nella gestualità che nella voce, un gioco mimico di chiaro riferimento cinematografico. Enzo Luglio, nei panni del ladro, con Peppe Tringali, in quelli dell’assessore padrone di casa, e Mariacristina Aleo in quelli dell’amante, hanno dominato molto bene la scena, con la collaborazione di Mariagrazia Coco e di Sofia Morello, rispettivamente moglie e figlia del ladro, Anna Scòzzari, moglie di Peppe Di Mare, Rosario Ragusa, marito dell’amante, e Giuseppe Corbino, un secondo ladro, che compare alla fine della commedia, ma lascia il segno per la sua buffa balbuzie. Pubblico numeroso e plaudente per le tre repliche nell’aula magna.
Giorgio Càsole