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Restano in carcere l’impresario di pompe funebri di Sortino e i suoi 3 “bravi” che dovevano impedire a un imprenditore di Ragusa di lavorare in provincia di Siracusa. La Cassazione ha rigettato il ricorso

CronacaRestano in carcere l’impresario di pompe funebri di Sortino e i suoi 3 “bravi” che dovevano impedire a un imprenditore di Ragusa di lavorare in provincia di Siracusa. La...

Roma. I giudici della Corte di Cassazione hanno rigettato il ricorso dell’impresario di pompe funebri di Sortino e dei suoi presunti accoliti che avrebbero dovuto cacciare dalla provincia di Siracusa,  con le buone o con i metodi criminali, l’imprenditore di Ragusa Carmelo Messina, per non fargli aprire due agenzie di onoranze funebri nel capoluogo aretuseo e nel comune di Sortino.  I giudici della Corte di Cassazione hanno confermato l’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Catania che, a sua volta, aveva confermato l’ordinanza firmata dal Gip di Catania, Stefano Montoneri, di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere  nei confronti di Angelo Briganti, 52 anni, Antonino Inturrisi, 71 anni, Innocenzio Pandolfo, 54 anni, Johnny Pezzinga, 22 anni e Vincenzo Puglisi, 48 anni, accusati

di associazione di stampo mafioso, illecita concorrenza aggravata dal metodo mafioso, tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, nonchè al Pezzinga si attribuisce il reato di porto in luogo pubblico di un fucile con le canne mozze e di avere esploso due scariche di pallini di piombo conto la porta dell’agenzia di onoranze funebri aperta dal Messina alla Borgata di Siracusa. Il Pezzinga, difeso dall’avvocato Matilde Lipari, è l’unico tra gli arrestati a non essersi rivolto alla Suprema Corte, seguendo il consiglio del suo difensore che riteneva scontato il rigetto del ricorso. Gli altri quattro arrestati, tra cui l’impresario di pompe funebri di Sortino, Antonino Inturrisi, che ha dichiarato guerra al suo omologo di Ragusa, hanno incaricato gli avvocati Puccio Forestiere, Francesco Fazzino e Francesco Favi di contestare davanti alla Suprema Corte le motivazioni addotte dai giudici del Riesame di Catania mentre non hanno preso in alcuna considerazione le argomentazioni dei difensori degli indagati.  Ora che è stato depositato il provvedimento possiamo dire che non è successo assolutamente nulla, e soprattutto di buono per i quattro ricorrenti.

La tesi accusatoria è vincente sulla tesi degli arrestati. Ma come si difendono i cinque arrestati? Il sortinese Innocenzio Pandolfo, ritenuto esponente del clan Nardo di Lentini, alla presenza del proprio difensore di fiducia, avvocato Junio Celesti, si è avvalso della facoltà di non rispondere ma ha reso una dichiarazione spontanea sostenendo di essere completamente estraneo alla vicenda denunciata dall’impresario di pompe funebri di Ragusa Carmelo Messina e si è riservato di presentare querela nei suoi confronti per averlo chiamato in causa.

Il siracusano Johnny Pezzinga, assistito dall’avvocato Matilde Lipari, si è sottoposto all’interrogatorio di garanzia dichiarando di non conoscere nessuno dei cinque co-indagati, di conoscere di vista l’impresario di pompe funebri Messina perché ha aperto un’agenzia alla Borgata nei pressi dalla sua abitazione, di non avere avuto mai alterchi con lo stesso impresario di pompe funebri e ha negato di aver esploso i due colpi di fucile contro la porta d’ingresso della suddetta agenzia aperta dal Messina alla Borgata e di non avere posseduto un fucile con le canne mozzate. Johnny Pezzinga ha anche dichiarato di non essere affiliato al clan Santa Panagia e di essere all’oscuro che alla Borgata ci fosse un sodalizio mafioso. Lui sapeva che ne esisteva uno ma non sapeva che fosse stato ricostituito .

Angelo Briganti, difeso dall’avvocato Maria Dolores Caruso, l’impresario di pompe funebri di Sortino Antonino Inturrisi e Vincenzo Puglisi, assistiti entrambi dall’avvocato Corrado Amato, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

Le dichiarazioni del Pezzinga sono in contrasto con l’assunto investigativo dei Carabinieri. Nel rapporto redatto dai militari dell’Arma si afferma che la sera del 27 giugno 2020 il Pezzinga esplodeva due colpi di fucile all’indirizzo della porta d’ingresso dell’agenzia di pompe funebri del Messina sita a Siracusa. Per i Carabinieri il 22enne siracusano è uno dei cinque soggetti che avrebbero tentato di  impedire all’impresario di pompe funebri di aprire una agenzia a Sortino e un’altra nel capoluogo aretuseo. A opporsi tenacemente all’aperura dell’agenzia di Sortino del Messina pare sia stato Antonino Inturrisi, titolare di una ditta di pompe funebri nel paese noto nel mondo per la Pantalica. Per “persuadere” Carmelo Messina, a non realizzare il suo progetto di estendere la sua attività anche in provincia di Siracusa, Antonino Inturrisi si è rivolto a esponenti della criminalità siracusana i quali hanno iniziato a minacciare il Messina per dissuaderlo dall’aprire le sue agenzie non solo nel comune di Sortino ma anche nel capoluogo aretuseo. Una volta la vittima delle minacce è stata affiancata da una Bmw sulla quale prendevano posto cinque persone e quella che guidava la macchina gli ha detto che doveva sloggiare da Sortino altrimenti al cimitero sarebbe finita la bara con dentro il morto. In altre due o tre occasioni, ad essere minacciati sono stati due collaboratori del Messina, sorpresi mentre affiggevano alle bacheche i manifestini funebri, Eloquente la frase rivolta ai due attacchini: “Chi siete? Che ci fate qui? Ve ne dovete andare altrimenti può succedervi qualcosa…”. Non solo l’invito a lasciare l’abitato di Sortino, ma i cinque della Bmw di notte e di giorno passavano il loro tempo a ricoprire i manifesti della ditta Messina, o a strapparli o imbrattarli con lo spray. Il “tabbutaru” di Sortino Antonino Inturrisi  ha pure fatto pervenire al carcere di Brucoli una lettera al Sinatra affinché si adoperasse per convincete con le buone o con altri metodi il Messina a non aprire la sua agenzia a Sortino.

Nonostante le minacce verbali, gli atti di vandalismo e l’attentato intimidatorio alla sua agenzia della Borgata, a Siracusa, l’impresario Carmelo Messina non è arretrato di un millimetro e ha aperto regolarmente le agenzie a Sortino e nella città capoluogo. E il 27 maggio 2020 si è recato alla caserma dei Carabinieri e ha presentato la denuncia contro i sei indagati che hanno intimidito sia lui che i suoi più stretti collaboratori.