Catania. Nel carcere di Brucoli-Augusta è stato scoperto un traffico organizzato di droga. Il Gip del Tribunale di Catania ha emesso undici ordinanze cautelari di cui nove in carcere e due agli arresti domiciliari. L’operazione è stata condotta da guardia di finanza del Gico di Catania e polizia penitenziaria di Palermo. L’inchiesta, denominata “Alcatraz”, riguarda anche l’ingresso indebito di telefonini poi ceduti ai detenuti. Il blitz è stato condotto anche in Calabria e Friuli-Venezia Giulia.
Non ci sono detenuti siracusani coinvolti nell’operazione “Alcatraz”, a differenza di quanto accadde due anni quando le Fiamme Gialle e gli agenti della Polizia penitenziaria accertarono lo spaccio di sostanze stupefacenti e l’uso di telefonini nella Casa Circondariale di Cavadonna. In quell’operazione venne arrestato un noto avvocato del Foro Siracusa e vennero denunciate una decina di persone per avere rifornito di dosi di hashish il capo della piazza di spaccio del Bronx, Francesco Capodieci, all’epoca rinchiuso a Cavadonna in attesa di giudizio per traffico di droga e successivamente divenuto collaboratore di giustizia. Francesco Capodieci, il penalista, l’ex moglie, le due figlie gemelle, i fidanzati delle due giovani e altri pusher sono attualmente sotto processo a differenza della convivente dell’ex capo della di spaccio del Bronx che ha patteggiato la pena.
Nell’operazione “Alcatraz” gli indagati colpiti dalla misura cautelare della custodia in carcere sono Ignazio Ferrante, di 39 anni, Michele Ferrante, di 60, Andrea Marino, di 46, Domenico Misia, di 36, Giuseppe Misia, di 25, Angela Palazzotto, di 48, Valetina Romito, di 32, Andrea Scafidi, di 32, e Carmelo Valentino, di 52. Agli arresti domiciliari, invece, sono stati sottoposti: Giuseppe Arduo, di 26 anni, e Clotilde Maranzano, di 61.
Gli investigatori hanno accertato che i telefonini e i quantitativi di droghe leggere venivano portati dentro la Casa di Reclusione da detenuti al rientro da permessi premio o nascosti da visitatori in involucri di patatine, pannolini per bambini, succhi di frutta poi cestinati in appositi contenitori dei rifiuti da dove venivano successivamente “recuperati”.. Secondo la tesi dei magistrati della Procura, «il sodalizio sarebbe stato promosso, organizzato e coordinato dai detenuti Andrea Marino e Ignazio Ferrante». Il primo, “avrebbe impartito dal carcere direttive» a dei complici liberi su «quantitativi, tipologia, prezzi e modalità di pagamento della droga, coordinando le successive fasi di introduzione clandestina e cessione ad altri detenuti». Il secondo, invece, “avrebbe curato l’approvvigionamento, il confezionamento, il trasporto e l’ingresso dello stupefacente» in carcere grazie alla collaborazione di altri sei complici. A recuperare la droga e i telefonini dai rifiuti in carcere era Ignazio Ferrante, grazie alla sua mansione di addetto alle pulizie, consegnando l’hashish a Marino e Misia.